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Ercolini ospite del "Pianeta Terra Festival"

 

 

Sabato 8 ottobre alle ore 19 presso la sala sala convegni di Confindustria toscana nord sita a Lucca in piazza Bernardini, 41 Rossano Ercolini, goldman environmental prize 2013, sarà ospite del Pianeta Terra festival, che vede studiosi nazionali e internazionali confrontarsi per costruire una visione nuova per il futuro del nostro Pianeta.

All’evento, dal titolo “Dall’ego-logia all’eco-logia: quando i cittadini possono fare la differenza”, sarà presente con Ercolini anche Samir de Chadarevian, advisor, storyteller ed editorialista.

Entrambi dialogheranno con Irene Ivoi sull’importanza di ripensare ad un modello economico, antropologico e culturale del tutto ego-logico e inadeguato a risolvere le grandi sfide dei nostri tempi.

Dall’ego-logia all’eco-logia, un gioco di parole che fa appello ad una sfida:  il passaggio dal “modello lineare” (estrazione, produzione, consumo, smaltimento) centrato sullo sfruttamento sconsiderato della natura al “modello circolare” basato sul rispetto dei tempi e dei modi della rigenerazione ambientale.

L’ingresso all’incontro è gratuito fino ad esaurimento posti.

 

 

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Fermati Piero... PDF Stampa E-mail
Scritto da msirca   
domenica 05 agosto 2012
[Bisogna solo dire grazie a Piero che forse non rappresenta moltissimi dei suoi compagni di lavoro, i più talmente disperati da preferire di morire di cancro domani anzichè di fame oggi (concetto ricorrente negli articoli dedicati al tema) ma ci tocca il cuore con le sue lacrime e con i suoi semplici e stringenti argomenti.. ndr]

E l’operaio prese la parola per chiedere scusa ai malati


TARANTO - «Da operaio dell’Ilva chiedo scusa ai bambini del quartiere Tamburi, agli ammalati. E penso ai morti di tumore». Cala il silenzio a piazza Gesù Divin Lavoratore, in cielo solo un cenno d’imbrunire. Piero, operaio dell’area a caldo dello stabilimento siderurgico, prende la parola durante l’assemblea del comitato di operai e cittadini «liberi e pensanti», il giorno dopo il blitz della grande fuga sindacale dal palco di piazza della Vittoria. E in piazza della Vittoria, ieri mattina, il raduno degli ambientalisti che hanno incoraggiato la magistratura impegnata con il Riesame del provvedimento di seuqestro dell’area a caldo Ilva e con gli arresti eccellenti della dirigenza siderurgica. Piazza Gesù Divin Lavoratore, la piazza simbolo della città operaia, col Cristo delle ciminiere troneggiante sull’altare della chiesa, simbolo di un patto tra fabbrica e città corroso da gas e polveri e che pure costringe a vivere da separati in casa, chissà poi per quanto ancora. 

«Nel mio piccolo - attacca Piero di fronte a un centinaio di persone radunatesi alle sette di sera in piazza e circondate da un imponente schieramento di forze dell’ordine - mi sento di chiedere scusa a chi ora soffre e vive una condizione di malattia legata all’inquinamento. E chiedo scusa perché ho contribuito a inquinare». Gli uomini che guadagnano da anni il pane in fabbrica aprono le porte di se stessi e sembra di vedere dentro di loro, dentro il loro cuore, il dubbio, l’angoscia, la necessità, quasi esplosa all’improvviso, di guardare in faccia gli altri, i propri concittadini, di raccontarsi e raccontare una fabbrica chiusa finora in se stessa. 

«La politica ha gravi responsabilità - dice ancora Piero al microfono, nella sua narrazione che è storia a precipizio lungo un ripido crinale - perché non ha messo i paletti alle aziende dell’a re a industriale: Ilva, Eni, Cementir; per evitare l’inquinamento al quartiere Tamburi, a Statte, a Paolo VI, nel centro della città. La mia azienda dice: abbiamo investito miliardi per abbattere l’inquinamento. E allora perché si scende in piazza? Perché i Tamburi sono ancora un quartiere martoriato?». 
La voce di Piero s’incrina e le lacrime cominciano a scendere sul viso come le prime ombre della sera al quartiere Tamburi. Poco lontano da qui un altro operaio, Peppino Corisi, in due lapidi, aprì e chiuse la parentesi di operaio ambientalista, iscrivendo la propria tragedia personale e quella di un popolo: la maledizione per le polveri «per chi poteva fare e non ha fatto» e il suo personale testamento a futura memoria per «l’ennesimo morto» di tumore a polmone. 

L’ennesimo, un numero. Il numero e l’operaio, la diluizione acida di un’identità di classe che solo un riscatto di coscienza, ambientale e non ambientalista, può mutare. Piero torna a identificarsi con la piazza, le sue lacrime trascinano l’applauso. Certo facile, in questi giorni; inevitabile. Ma solo un mese fa impossibile, una bestemmia. «Ho famiglia, due figli. Uno stipendio di 1400 euro e 750 euro di mutuo da pagare. Per quello che sta accadendo penso con più rabbia alla politica. Doveva fermare l’inquinamento. E penso con rabbia ai sindacati. Loro avrebbero dovuto dire per primi che si doveva fermare l’inquinamento. Invece oggi mi ritrovo a pensare a chi lavora le cozze, al mare così inquinato, al posto di lavoro perso. E mi sento in colpa».

Piero conclude mentre la sera avvolge nuvole e ciminiere. Piega un attimo la testa, trattiene il fiato e trova la forza per guardare la piazza, quegli occhi nei quali cerca sguardi e pensieri uguali al suo dolore: «Chi pagherà l’inquinamento a Taranto? Lo Stato e le aziende. È l’ora in cui la politica e le industrie si prendano la loro responsabilità. Risarcire Taranto. Chiederlo per i malati, i bambini, per chi vive in questa città». La piazza applaude. Piero non smette di piangere. Poi si riprende e si mescola di nuovo alla folla, quasi avesse bisogno del suo calore, del suo abbraccio protettivo. Sembra compiuta una specie di Apocalisse d’acciaio. Tante le strette di mano, tanti gli incoraggiamenti dei «liberi e pensanti». Per sentirsi meno solo, in una sera d’agosto al quartiere Tamburi, a Piero può bastare. [fulvio colucci, gazzetta del mezzogiorno 4/8/2012] 

 

--

dall'ordinanza di sequestro del GIP:

“Chi gestiva e gestisce l’Ilva ha continuato in tale attività inquinante con coscienza e volontà per la logica del profitto, calpestando le più elementari regole di sicurezza”

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