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Ercolini ospite del "Pianeta Terra Festival"

 

 

Sabato 8 ottobre alle ore 19 presso la sala sala convegni di Confindustria toscana nord sita a Lucca in piazza Bernardini, 41 Rossano Ercolini, goldman environmental prize 2013, sarà ospite del Pianeta Terra festival, che vede studiosi nazionali e internazionali confrontarsi per costruire una visione nuova per il futuro del nostro Pianeta.

All’evento, dal titolo “Dall’ego-logia all’eco-logia: quando i cittadini possono fare la differenza”, sarà presente con Ercolini anche Samir de Chadarevian, advisor, storyteller ed editorialista.

Entrambi dialogheranno con Irene Ivoi sull’importanza di ripensare ad un modello economico, antropologico e culturale del tutto ego-logico e inadeguato a risolvere le grandi sfide dei nostri tempi.

Dall’ego-logia all’eco-logia, un gioco di parole che fa appello ad una sfida:  il passaggio dal “modello lineare” (estrazione, produzione, consumo, smaltimento) centrato sullo sfruttamento sconsiderato della natura al “modello circolare” basato sul rispetto dei tempi e dei modi della rigenerazione ambientale.

L’ingresso all’incontro è gratuito fino ad esaurimento posti.

 

 

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La resurrezione dei...prodotti PDF Stampa E-mail
Scritto da msirca   
mercoledì 28 febbraio 2007

VILLAGGIO GLOBALE. Trimestrale di Ecologia (www.vglobale.it - Indirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo )

«GETTO VIA, DUNQUE SONO» - Anno X - N. 37 - Marzo 2007

Rifiuti, fame, siccità, inquinamenti rappresentano «La via della sconfitta? Sono queste le tematiche del 2007 che affronterà «Villaggio Globale». Sono questi i temi su cui si giocherà il suo futuro la civiltà.
E fino a quando il confronto sulla gestione dei rifiuti rivestirà soltanto un carattere tecnologico, tale confronto continuerà ad essere fra due culture. Perché quando si deve scegliere dove mettere l'inceneritore e di quale tipo (anche se sono presenti realtà innovative frutto della ricerca italiana), sono due culture che si confrontano perché non ci sarebbe confronto se la società avesse deciso che non le servono le confezioni luminose né avere i frigoriferi pieni di merci o i magazzini che esplodono di prodotti che poi intasano discariche e depositi mentre i negozi si fanno concorrenza a colpi di sconti
Sull'antagonismo fra queste due culture si sviluppano gli articoli presenti in questo numero di Marzo di «Villaggio Globale» appena pubblicato e disponibile anche on line.

  1. -          La resurrezione dei. Prodotti (Giorgio Nebbia)
  2. -          L'uomo da consumatore a «consumato» (Walter Napoli)
  3. -          Rifiuti, lobby, ignoranza e soluzioni (Walter Ganapini)
  4. -          O i rifiuti o noi (Stefano Montanari)
  5. -          Le necessità dell'ambiente e la politica (Grazia Di Salvia)

    ....E molto altro ancora;  una rivista da acquistare per acquisire informazioni…. di ogni tipo, su queste tematiche.  Incollo di seguito il primo articolo: 


La resurrezione dei... prodotti  Giorgio Nebbia
(Professore emerito di Merceologia, Università di Bari)


Tutta la materia, gli atomi e le molecole, che sono stati «messi dentro» un oggetto continuano ad esistere, tali e quali o chimicamente modificati, ma non scompaiono. Lo esige il principio di conservazione della massa, la legge fondamentale della fisica e della chimica, che pone spesso queste discipline in contraddizione con i principi dell'economia
Se esiste una genuina volontà di ridurre i costi e i danni ecologici legati allo smaltimento dei macchinari e degli oggetti usati, la salvezza va cercata soltanto nella cultura della standardizzazione e unificazione delle forme e dei materiali, nella progettazione di oggetti a vita lunga
In una delle chiacchierate che si ascoltano in treno, uno studente raccontava un suo esame universitario; si trattatava, a quanto ho capito, dei metodi con cui si assegnano ai prodotti le «ecoetichette», o «ecolabel», attraverso l'esame di tutti gli effetti ambientali associati all'intero ciclo vitale del prodotto, «dalla culla alla tomba». È iniziata così una piccola discussione sulla vita e la morte delle persone, degli animali e... delle merci. Per amore di paradosso, ho sostenuto che in natura esiste soltanto la vita, e che la morte non è altro che il ritorno in ciclo degli atomi e delle molecole (idrogeno, carbonio, acqua, calcio, azoto, eccetera) di cui è fatto un organismo vivente, vegetale o animale.
Ho naturalmente destato un po' di scandalo e il discorso è poi passato alla nascita e alla morte degli oggetti materiali, dei prodotti e delle merci.


Non esiste la morte

Muore un foglio di carta? muore un'automobile? alcuni dei miei interlocutori sostenevano di sì e io sostenevo invece che neanche gli oggetti muoiono. Possono essere buttati via, «rifiutati» (infatti vanno a finire fra i rifiuti), quando «non servono» più, ma tutta la materia, gli atomi e le molecole, che sono stati «messi dentro» un oggetto continuano ad esistere, tali e quali o chimicamente modificati, ma non scompaiono. Lo esige il principio di conservazione della massa, la legge fondamentale della fisica e della chimica, che pone spesso queste discipline in contraddizione con i principi dell'economia
I novanta centesimi di euro pagati (2007) per un giornale «scompaiono», non si possono ricuperare, quando lo si getta via, ma la cellulosa e l'inchiostro che sono «dentro» il giornale usato sono tutti ancora li e, se disponessimo di tecniche adeguate, potremmo recuperarli fino all'ultimo atomo, potremmo insomma fare resuscitare il giornale.
Le operazioni di «riciclo» dei rifiuti sono basate su queste considerazioni. Si sente continuamente ripetere che è possibile, anzi lodevole, anzi doveroso, recuperare vetro nuovo dalle bottiglie e dai vasetti usati, carta nuova dalla carta usata, alluminio o ferro dalle lattine, eccetera. Le cose si fanno più complicate nel caso delle merci «complesse» come sono i macchinari, le automobili, i televisori, i frigoriferi, i mobili usati. In ciascuna merce complessa i fabbricanti hanno messo parti, accessori, vernici, e così via diversi non solo da una serie all'altra, ma da un periodo all'altro.


Conoscere per... recuperare

Prendiamo il caso più banale delle automobili. Finora, per un giudizio di qualità, l'attenzione è stata concentrata sulle prestazioni (velocità, consumo di benzina o lubrificante o gomme, stabilità) durante l'uso, cioè durante la vita utile, ma ben poca attenzione è rivolta ai materiali che consentono tali prestazioni. Ciascun fabbricante cerca di migliorare le caratteristiche delle sue automobili impiegando sempre nuovi metalli, circuiti elettrici, tessuti, materie plastiche, vernici. Ebbene: non è possibile organizzare operazioni di riciclo e recupero delle varie parti, se non si conosce esattamente la composizione di ciascuna di esse e solo il fabbricante sa (forse) quali tipi di metalli o di vernici o di plastica ha usato.
Il successo della resurrezione dei materiali delle merci complesse presupporrebbe perciò un continuo flusso di informazioni fra il fabbricante di tali merci e colui che dovrà trattarle per ricavarne materiali ancora utili, ma tale flusso di informazioni è limitato o inesistente, un po' perché ciascun fabbricante tiene alla riservatezza o al «segreto», un po' per pigrizia, un po' perché il ciclo di produzione di un'automobile comporta la fabbricazione di alcuni pezzi da parte di secondi o terzi imprenditori, talvolta in paesi lontani.
Ma le conoscenze sui materiali impiegati sono ancora più difficili perché alcuni manufatti o macchinari sono stati prodotti molti anni prima di essere eliminati. Un'automobile fabbricata nel 1990 (meno di venti anni fa, non un secolo fa) contiene circuiti elettrici, materie plastiche ciascuna con i propri additivi, vernici, gomma, miscele di metalli, vetri, ciascuno con i propri ingredienti, ben diversi da quelli che si trovano in un'automobile della stessa società fabbricata nel 1995 o nel 2005.
I riciclatori di autoveicoli devono quindi spendere soldi, ore di lavoro, e inquinano l'ambiente, nelle operazioni preliminari di separazione delle varie componenti. La carrozzeria è in generale più facile da trattare perché contiene principalmente acciaio che però, prima di essere avviato alla fusione per trasformarlo in nuovo acciaio, deve essere liberato dalla presenza di altri metalli, come alluminio o rame, dalle vernici, eccetera, che potrebbero compromettere la qualità e il valore commerciale dell'acciaio riciclato. Il successo del recupero di materiali da un'automobile usata (ma il discorso vale per moltissimi altri manufatti usati) richiede un flusso di informazioni non solo fra il fabbricante e il rottamatore, ma fra quest'ultimo e chi acquista le partite di metalli usati, di circuiti elettronici, di gomme, dei tanti tipi di «plastica».
Questi problemi sono ben noti alle industrie automobilistiche le quali si rendono conto che le difficoltà e i costi dello smaltimento e del riciclo potranno tradursi in disaffezione per la loro marca da parte degli acquirenti, e hanno cominciato a standardizzare alcune parti dei vetri, delle portiere, dei paraurti in modo che quelle di una automobile usata possano essere montate su altri autoveicoli. Così si ricicla e si risparmia.
E qui entra in gioco il ruolo fondamentale dei progettisti delle merci e delle macchine. Il successo delle operazioni di recupero di molti dei materiali che sono presenti nei macchinari e nelle merci «complesse», fatti di tante parti differenti (automobili, frigoriferi, televisori, computer, mobili, lavatrici, eccetera) dipende dalla conoscenza dei materiali stessi. I quali variano non solo da marca a marca, ma da un modello all'altro, da un anno all'altro. Tali materiali vengono scelti in modo da assicurare il minore prezzo possibile, la maggior durata possibile, le migliori prestazioni possibili e il principe di questa operazione è il progettista, una professione antica e nuova. Non si può più continuare a progettare e fabbricare oggetti soltanto belli, vendibili, all'insegna del «non necessario, ma indispensabile», ma piuttosto bisogna pensare a progettare oggetti in vista di quello che succederà quando saranno abbandonati e buttati via. E qui è essenziale il ruolo della Merceologia in quanto scienza delle cose, di come sono fatte, di quali materie ciascun oggetto contiene e di come ciascuno possa, con adatte tecnologie, essere fatto tornare «vivo» e utile dopo l'uso.


L'uovo di Colombo: la standardizzazione

Prendete un frigorifero, una macchina che dura alcuni anni; immaginiamo che oggi venga buttato via un frigorifero progettato e costruito quindici anni fa: chi dovrà smontare la vera e propria parte dove si forma il freddo, con motore e serpentine piene di gas, avrà a che fare con gas diversi da quelli impiegati oggi: quindici anni fa dominavano ancora i clorofluorocarburi, prima che ci si accorgesse dei loro effetti nocivi sullo strato dell'ozono stratosferico. Oggi il rottamatore dovrà (dovrebbe) separare tali gas e smaltirli in modo che non finiscano nell'atmosfera, un'operazione non facile. E in quindici anni probabilmente sono cambiati anche i materiali usati nello sportello, nei pannelli isolanti, nei circuiti elettrici ed elettronici e il riciclatore potrà ricuperarne qualcosa di ancora utile soltanto se saprà come erano stati costruiti quindici anni fa, magari da una ditta scomparsa, di cui non esistono più gli archivi e i progetti.
Lo stesso discorso vale per tanti mutevolissimi oggetti progettati rincorrendo una moda sempre più volubile, una domanda di prestazioni sempre meno necessarie.
Si pensi all'enorme varietà di apparecchiature elettroniche, dai computer, ai telefoni tradizionali e a quelli cellulari, ai circuiti di controllo di televisori, elettrodomestici, automobili, contenenti una grande varietà di materiali, rappresentati in qualche caso da metalli preziosi come l'oro, strettamente interconnessi e difficili da separare. L'offerta sul mercato di sempre nuovi modelli genera montagne di rottami, tutti differenti fra loro, in cui i circuiti elettronici veri e propri devono essere separati con delicate e lunghe procedure, anche se il ricupero dei metalli preziosi spesso compensa la fatica fatta. Ma per far resuscitare un grammo di oro dai circuiti elettronici usati quanti chili di plastica, rame, altri metalli devono essere smaltiti e come?
Difficoltà di ricupero esistono anche per i più modesti oggetti di arredamento della casa, come mobili, poltrone, materassi: le resine espanse di poltrone, sedili delle automobili, materassi, sono «gonfiate» con gas per lo più a base, anch'essi, di clorofluorocarburi, nemici dell'ozono, che devono essere separati se si vuole recuperare un po' di plastica.
Molte scelte merceologiche e industriali sono destinate a fare sentire i loro effetti negativi dopo anni, talvolta in modo pericoloso, come nel caso delle cartucce «esplosive» presenti negli airbag, talvolta liberando ingredienti nocivi nell'ambiente, talvolta rendendo impossibile il recupero di qualsiasi altro ingrediente.
Se esiste una genuina volontà di ridurre i costi e i danni ecologici legati allo smaltimento dei macchinari e degli oggetti usati, la salvezza va cercata soltanto nella cultura della standardizzazione e unificazione delle forme e dei materiali, nella progettazione di oggetti a vita lunga. Con essa una parte di una macchina o apparecchiatura usata potrà essere inserita in una macchina nuova, una parte di un oggetto sarà fatto con materiali e pezzi di composizione nota, facilmente riutilizzabili; le operazioni di manutenzione saranno facilitate e i magazzini dei pezzi di ricambio saranno più snelli ed efficienti.
Ci si perderà, forse, in varietà, capriccio, moda, ma dopo tanta frenesia per la produzione di merci e oggetti «personalizzati», all'insegna della vanità e dell'effimero, la standardizzazione sembra presentarsi come l'unica sana ricetta per la resurrezione delle cose materiali e per un rallentamento della crescita della massa di rifiuti inutilizzabili, davvero morti e perduti, che rischiano di soffocarci.
 
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