LE RAGIONI DEL FESTIVAL - di Francesco Erbani, editor del festival
In città viviamo la gran parte delle nostre giornate, lavoriamo, incontriamo gli altri. Per ciascuno di noi la città è un’esperienza fisica, mentale, emotiva. È associata alla memoria, alla cultura, all’identità. Noi siamo nella città e la città è in un territorio. Non si limita a occuparlo, lo abita. Crea cioè una relazione con la realtà circostante che nel tempo è diventata sempre più complessa e intricata.
È per questo che negli anni è cresciuta l’attenzione sulla città e sul territorio, sulle loro trasformazioni e su quanto queste ultime producano bellezza o bruttezza, stress o serenità, semplicità o difficoltà nella vita di tutti i giorni. Non è un caso che la salute, lo sviluppo, l’energia, la mobilità, il cibo che mangiamo, l’aria che respiriamo, dipendano proprio dal rapporto fra città e territorio.
Tutti temi, questi, che ci coinvolgono o dovrebbero coinvolgerci in prima persona. È la “nuova soggettività territoriale”: una forma diffusa di sensibilità che, da una ventina d’anni a questa parte (l’esplosione del reattore nucleare di Chernobyl, nell’aprile del 1986, potrebbe essere considerato l’evento spartiacque), induce sempre più persone a preoccuparsi se il clima dia segni di impazzimento ma anche se un’area verde sotto casa viene trasformata in parcheggio.
Fino ad alcuni decenni fa città e territorio designavano concetti e relazioni stabilmente acquisiti Non è più così. Proprio mentre nel mondo la popolazione urbana ha superato quella rurale, su cosa sia città e cosa non lo sia si è andata addensando una nebulosa che ha sovvertito un ordine di pensiero che pareva indiscutibile. In parole semplici, la città non ha più bordi definiti che la contengano e che, fino a un certo punto, potevano spingersi omogeneamente in fuori, dando comunque l’idea che un bordo esistesse. La città si è dispersa, e con essa sono anche cambiate le nozioni di centro e periferia.
Quali oggetti siano le città che si gonfiano di residenti e cosa esse diventino lo raccontano gli slum di Kinshasa, di Lagos, del Cairo o di Città del Messico in cui gli agglomerati urbani attraggono popolazione pur avendo perso tutte le loro caratteristiche tradizionali. Ma anche le grandi metropoli multiculturali, come New York, Londra, Parigi o Berlino, che sempre più sono centri di ricerca e innovazione, nodi essenziali di reti che legano territori locali a realtà transnazionali.
Chi governa questi fenomeni?
La politica o il mercato?
E che cosa accade nella città se questa assume anche la caratteristica di essere il terminale o lo snodo di una rete globale?
In questo contesto come si inquadrano i centri storici e le periferie tradizionali?
Che ruolo ha il welfare?
Quale lo sviluppo, con quale energia e quale sostenibilità?
Il festival è un’occasione per intrecciare linguaggi diversi, persino opposti, nella convinzione che il confronto intellettuale sia uno dei mezzi più efficaci perché le posizioni si mettano in chiaro, si precisino e si arricchiscano. Sulla città e il territorio dialogheranno competenze diverse (urbanisti e sociologi, economisti e storici, architetti e filosofi), ma anche specialisti e portatori di esperienze di tutela, amministratori, uomini dell’impresa, esponenti dei comitati sorti per difendere un paesaggio.
Sarà un confronto aperto e appassionato: questo è l’augurio di chi ha organizzato il festival.
Alleghiamo il programma dettagliato,
ulteriori informazioni si possono avere consultando
il sito del Festival http://www.cittaterritoriofestival.com
Segnaliamo alcuni dei relatori e dei partecipanti:
Alberto Asor Rosa
Mario Bencivenni
Donatella Della Porta
Zygmunt Bauman
Leonardo Benevolo
Stefano Boeri
Massimo Cacciari
Massimo Carlotto
Vittorio Gregotti
Giorgio Ruffolo
Joseph Rykwert
Edoardo Salzano
Bernardo Secchi
Salvatore Settis
Pier Luigi Cervellati
Leonardo Domenici
Richard Ingersoll