Ornella De Zordo al Convegno della Rete dei Comitati
Scritto da Redazione   
domenica 25 marzo 2012

di Ornella De Zordo 

Sono numerosissime le vertenze aperte in Toscana negli ultimi anni da comitati, associazioni, società civile in difesa del territorio. Alcune di queste sono nate da casi specifici fatti emergere da nuclei di cittadinanza attiva radicati su un territorio;

Il testo dell'intervento di Ornella De Zordo al convegno della Rete dei comitati

 

di Ornella De Zordo 

Sono numerosissime le vertenze aperte in Toscana negli ultimi anni da comitati, associazioni, società civile in difesa del territorio. Alcune di queste sono nate da casi specifici fatti emergere da nuclei di cittadinanza attiva radicati su un territorio; altre sono collegate a fenomeni più ampi riguardanti la distribuzione del servizio idrico, la gestione dei rifiuti, le grandi infrastrutture trasportistiche, i piani energetici e altro. Per i casi specifici non mi resta che citare il preziosio lavoro della Mappa delle emergenze che la stessa Rete dei comitati ha redatto, per i fenomeni più ampi le reti di movimento impegnate in vere e proprie campagne tematiche.Per molti dei progetti contestati sono state elaborate proposte alternative a quelle sostenute dalla Regione Toscana: si pensi alla gestione dell'Acqua e dei Rifiuti, o a alcune Grandi opere. Qui un primo dato: In nessun caso le controproposte sono state, non dico accolte, ma neppure valutate dalla Regione (e in genere gli altri enti locali) che ha insisitito e continua a insistere su scelte che risalgono al passato e che vanno contro non solo l'interesse delle popolazioni coinvolte ma a un moderno concetto di uso e gestione delle risorse. Farò tre esempi.Sui Rifiuti l'arretratezza delle posizioni istituzionali toscane è eclatante: La Direttiva europea n. 98 del 2008 (recepita con D.lgs 205/2010) individua una gerarchia per la gestione dei rifiuti secondo un ordine di priorità che mette al primo posto la prevenzione della produzione ed agli ultimi posti il recupero di altro tipo (ad es. energetico) e lo smaltimento. [Inoltre essa pone come finalità la protezione della salute umana e dell’ambiente e come obiettivo generale la costruzione di una Società europea del riciclaggio.] Al contrario, la Toscana (con la sempre citata eccezione virtuosa di Capannori) insite sulla pratica dell'incenerimento (non a caso sono previsti nell'Ato Centro - Firenze, Prato, Pistoia due nuovi inceneritori (Firenze e Vaiano) e tre potenziati (Selvapiana, Testi e Montale). Emblematico il Piano Interprovinciale Fi-Po-Pt, che ripropone l’incenerimento come unica soluzione e in alternativa del quale Il Coordinamento dei comitati della Piana Fi-Po-Pt ha elaborato un "Alterpiano" che ottempera alle norme europee per una gestione dei rifiuti a ciclo chiuso, [basata sulla riduzione della loro produzione, sul riciclaggio dei residui attraverso raccolte differenziate domiciliarizzate e con tariffa puntuale, sullo studio dei residui delle frazioni che restano dalle azioni riutilizzo/riciclaggio per capire come e cosa cambiare nella progettazione e nella gestione dei prodotti, sulla comparazione tra i costi dell’incenerimento e quelli della raccolta differenziata spinta (i costi di Alterpiano sarebbero estremamente minori, almeno del 70% rispetto a quelli del Piano Interprovinciale, principalmente per il non ricorso agli inceneritori visto che i costi di un inceneritore sono anche enormemente più alti di qualsiasi altro trattamento a non combustione), sulla dimostrazione che il solo flusso occupazionale delle raccolte differenziate porta ad una aggiunta occupazionale di 1 lavoratore ogni 1000 abitanti. Questo piano a Combustione Zero proposto dai comitati e dalle realtà di base non viene minimamente preso in considerazione dalle istituzioni, benché sia nato da una convergenza di saperi e di buone pratiche, di conoscenze scientifiche e sanitarie più avanzate di quelle che ci vengono riproposte dai gestori inceneritoristi. Ma si insiste a imporre un Piano al di fuori della normativa vigente europea, economicamente svantaggioso, che mette a rischio la salute delle popolazioni, con la previsione dell’ampliamento degli inceneritori esistenti, la costruzione di nuovi e con la conseguente necessità di stoccare materiali pericolosi (scorie e ceneri) in luoghi che già la stessa Provincia di Firenze ha definito non idonei. E' di questi giorni la rinnovata mobilitazione contro la riapertura di case Passerini con diffide, denunce, richiesta di risarcimento danni ai vertici anche regionali.Per l'Acqua: Ai due referendum del giugno 2011 la Toscana è la terza regione dove si è votato di più: 63,5% con il 95,65% di sì al primo quesito e il 95,99% al secondo.
Questi esiti hanno bocciato di fatto il modello di gestione dl servizio idrico che proprio la Toscana aveva inaugurato, anticipando un trand nazionale con le spa miste pubblico-privato con diritto privatistico. Anche qui il Forum toscano dei movimenti per l'acqua già nel 2005 aveva proposto una Legge di iniziativa popolare depositata e mai discussa:, nel 2005 venivano consegnate all’Ufficio di Presidenza del Consiglio della Regione Toscana le firme raccolte a sostegno della Legge d’iniziativa popolare per la ripubblicizzazione dell’acqua. 42.932 firme di cittadini ed elettori toscani a cui la Regione decise di non dare alcun seguito.
E oggi le società di gestione toscane restano società partecipate da soggetti privati, continuano a mantenere in tariffa la remunerazione del capitale investito, distribuendo dividendi agli azionisti. In più, la Regione costituisce un ATO unico toscano dell'acqua come trampolino per un gestore unico come voluto dai colossi Acea e Suez, così si avrà una gestione di più di 2,5 milioni di abitanti e un volume di affari di circa 250 milioni di euro. Un giro di affari enorme gestito da un soggetto in cui sempre meno valgono gli stessi Comuni specialmente quelli medio-piccoli pr non parlare dei cittadini. Non solo, si proporogano le concessioni alle spa partecipate per scongiurare la ripubblicizzazione delle prime gestioni a scadenza ravvicinata . L'ATO 2 ha già proceduto. Ora si predispongono a farlo gli altri. Quel che sta accadendo in Regione Toscana e che l'assessore competente fortemente difende, è in netto contrasto con i risultatati dei due referendum e incide profondamente sul tessuto democratico della nostra regione.
E con la nuova concezione di gestione di un pubblico, trasparente e partecipato democraticamente dai cittadini, fuori da lottizzazioni, clientelismi, privatizzazioni, come insegnano gli esempi di Parigi, Siviglia e Napoli e come recita l'art 10 della nuova proposta di legge popolare "Governo partecipativo del servizio idrico integrato". Il presidente Rossi proprio in questi giorni ha dichiarato di voler iottemperare al referendum, ma il suo assessore Bramerini, e fino ad oggi i fatti, parlano un'altra lingua.

Quanto alla TAV, inserendosi convintamente in quella che è la "madre" di tutte le grandi opere, il sistema TAV, la Regione Toscana ha partecipato attivamente alla realizzazione della tratta Firenze Bologna, che tanti danni ha portato al comprensorio mugellano. Danni irreparabili, ormai accertati e acclarati. La poca trasparenza, la scelta pervicace di anteporre la volontà politica anche alle risultanze tecniche, l'insofferenza verso le voci critiche e allarmate che si erano pure levate, hanno determinato un vero e proprio scempio ambientale, come sempre accade quando prevale la logica sviluppista e degli affari.
Ora, senza che la lezione del Mugello abbia insegnato niente, si pretende - Regione Toscana in testa - di riproporre la stesa logica per il nodo fiorentino, con un progetto di doppio tunnel pericoloso, con impatti pesantissimi sia in fase di realizzazione che di esercizio, e costosissimo, a fronte di una situazione sempre peggiore del trasporto ferroviario nel suo complesso (tanto per fare due numeri, al sistema TAV con il 10% di passeggeri, vanno il 96% delle risorse; al resto del trasporto ferroviario, con il 90% di passeggeri, il rimanente 4% di risorse).
Eppure anche in questo caso studi documentati e pubblicati sia nel volume VALUTAZIONE DEL PROGETTO DEL SOTTOATTRAVERSAMENTO FERROVIARIO DELLA CITT´A DI FIRENZE: verifica dello Studio di Impatto Ambientale della linea ad Alta Velocità giugno 2007, che TAV SOTTO FIRENZE: IMPATTI, PROBLEMI, DISASTRI, AFFARI E L'ALTERNATIVA POSSIBILE Rapporto Finale dalla ricerca sugli impatti del progetto di passante TAV e sulla proposta di attraversamento in superficie curato da Alberto Ziparo, Maurizio De Zordo, Giorgio Pizziolo editore ALINEA novembre 2011, hanno dimostrato l'inutilità sostanziale della soluzione scelta, e la concreta possibilità di adeguare l'infrastruttura in superficie per accogliere tutti i tipi di traffico ferroviario. Ma a questa soluzione, pur illustrata nelle commissioni competenti in comune, in provincia e in regione, nessun amministratore ha prestato la minima attenzione. Sarà forse che costa troppo poco, perchè anche in questo caso - come dice Cicconi - è l'appalto che fa l'opera.

Che si trattasse di sottrarre alla speculazione coste, zone collinari, pianure o montagne, centri storici di rilievo internazionale o borghi minori, è evidente che un analogo obiettivo, anche se non sempre esplicitato, ha sotteso le diverse battaglie fin qui condotte: difendere la qualità del territorio toscano dagli interessi di pochi e da un presunto sviluppo non più sostenibile.

Oggi, è essenziale che queste diverse battaglie riconoscano ancor più chiaramente di far parte di un'unica grande proposta culturale e economica, quel movimento in difesa dei Beni Comuni che sta emergendo come pezzo fondamentale di un'opinione pubblica rinnovata sia in altre parti d'Italia che altrove (basti pensare all'Islanda), e che propone una risposta nuova per uscire dalla crisi di sistema in cui versa il mondo occidentale e dalla quale nessuna ricetta legata al vecchio modello può salvarlo. Si tratta, come è evidente, di due diversi paradigmi: quello dominante fondato sulla retorica della crescita, dello sviluppo, dello sfruttamento intensivo delle risorse, della competizione tra individui e grandi soggetti economici e finanziari (banche e corporations su tutte) che agita il mito dell'uscita dalla crisi; l'altro, un' inversione di rotta fondata sulla preservazione delle risorse, sulla loro distribuzione, sulla sottrazione dell'economia alla finanza, su una concezione comunitaria e ecologica del mondo in cui ciascun individuo non può che esistere nel quadro di rapporti diffusi e modelli complessi di reciprocità, unica concezione compatibile con il mantenimento della vita sul pianeta. Per rafforzare il primo modello il pensiero dei dominanti vuole convincerci che il secondo riporta indietro di decenni il progresso, mentre è evidente come si tratti di una operazione di marketing politco/culturale imposto da chi trae la sua ricchezza dal mantenimento dello status quo e rifiuta a priori modelli economici capaci di redistribuire le risorse e il benessere nel rispetto dell'ecosistema. 
Ovviamente il contesto di riferimento è ampio e ingloba il caso toscano - e di questo tratteranno altri interventi in questo Convegno. Qui basti dire che la crisi di sistema anche in Italia con il patto di stabilità e i vincoli agli enti locali, proprio i beni comuni diventeranno la principale fonte di affari nei prossimi anni e che il Decreto sulle liberalizzazioni va a tutto vantaggio dei mercati e della finanza internazionale.

Sul concetto di Beni Comuni comincia oggi a esserci una elaborazione teorica quanto mai necessaria perchè proprio in questa fase della crisi la tendenza degli enti locali e dello Stato è quella di alienare e fare cassa con beni che sono di tutti per far fronte a necessita contingenti. I Beni comuni non sono solo le risorse naturali, ma anche quel che si è realizzato con la fiscalità generale (appunto di tutti) come la sanità o i sistemi di trasporto pubblico, le utilities che gestiscono serviz, Ovvero quei beni di appartenenza collettiva che non possono essere monopolio del pubblico o peggio di un concessionario pubblico perchè sono dei cittadini e hanno come obbiettivo primario quello di soddisfare i diritti della cittadinanza: i servizi pubblici, il territorio, le spiagge, le aree verdi, il patrimonio culturale e naturale, i beni culturali e paesaggistici. Quei beni che al di la del titolo di proprietà sono funzionali al soddisfacimento degli interessi della collettività.
Alcune delle principali vertenze in corso oggi sono proprio contro l'espropriazione di questi Beni.
la categoria dei Beni comuni svolge una funzione costituzionale nuova di tutela in tempi di globalizzazione sia nei confronti del privato che dello Stato.Sta nascendo una nuova cultura giuridica e politica che si fonde con una pratica di resistenza e mira all' accesso e all'uguaglianza reale delle possibilità. Così il tema dei Beni Comuni apre nuovi scenari dello spazio pubblico secondo forme di gestione di governo pubblico partecipato  per impedire che il proprietario pubblico faccia affari con i beni comuni: dall'acqua, alle cave, alle spiagge, ai fiumi, ecc ecc. La vendita o la cessione o concessione a privati di questi beni è un atteggiamento irresponsabile, dice Ugo Mattei nel suo Beni comuni, un manifesto, dove utilizza un'immagine provocatoria quanto efficace: alienare i Beni comuni è come consentire al maggiordomo di vendere l'argenteria di casa per sopperire alla sua necessita di andare in vacanza. Immagine provocatoria, che pero richiama un concetto essenziale: il governo, locale o centrale che sia, dovrebbe essere il servitore del popolo sovrano e non il contrario. Il governo (maggiordomo) deve poter disporre dei beni del suo padrone per poterlo servire bene ma non ne è proprietario e non può venderli a suo piacimento. I beni comuni non sono di proprietà di chi governa ma hanno autonomia an-che giuridica alternativa sia alla proprietà privata quanto a quella pubblica intesa come demanio o simili.
 
All'interno di questo contesto culturale, il territorio è un Bene Comune prezioso e socialmente condivisibile, e non va dato in pasto a privatizzazioni in un libero mercato basato sull' intreccio tra speculazione finanziaria e immobiliare.

E qui anche la Toscana ha molto da fare: dovrà abbandonare quella modalità fallimentare ma persistente che consiste nella concentrazione di investimenti per grandi opere che attraggono enormi finanziamenti quasi sempre pubblici (leggi debito pubblico) e che riguardano i settori dei trasporti, dell'energia, dell'acqua, dei rifiuti, dell'urbanistica stessa, spesso con megaprogetti mai finiti o magari neanche cominciati che risucchiano risorse economiche (vogliamo parlare della bretella fantasma Lastra a Signa-Prato costata alla R.T. 29 milioni di euro e mai realizzata?). Inceneritori, tunnel tav, megaparchi eolici e fotovoltaici, megapoli turistici e commerciali, cave e consumo di suolo fanno parte di una stagione che ha già devastato il territorio toscano ma che continuano a essere ribadite. Tra i fatti più recenti: il Pirogassificatore di Castelfranco il Tar ha dato ragione al Comune e Rossi è ricorso al Consiglio di Stato e la centrale a biogas nella riserva del WWF nel lago di Burano dove la società Sacra spa ha ottenuto da comune e provincia di Grosseto il via libera per una centrale di 990 kilowatt. E un motivo ci sarà se, secondo il VII Rapporto del cosiddetto "Nimby Forum" divulgato da Arpat, la Toscana si piazza al secondo posto dopo la Lombardia nella classifica nazionale degli impianti contestati, in buon aparte dai cittdini ma sempre di più anche dai piccoli comuni.
Occorre usare il termine "partecipazione" se si è disponibilia mettere in discussione scelte già fatte e a cedere una parte del potere decisionale per quelle ancora da compiere.

E invece, a fronte di alcune interessanti aperture in qualche ambito specifico (e citerò qui proprio il caso dell'urbanistica), in altri ambiti, dalle infrastrutture, all'agricoltura, alle risorse ambientali, si ribadiscono con ottusa pervicacia scelte appartenenti al vecchio e superato modello economico. Ci fa piacere leggere le parole del presidente Rossi contro la ridefinizione dell'art. 18, ma se si vuole contrastare efficacemente una politica che, dietro la pretesa neutralità di una gestione "tecnica", sta in realtà affermando la prevalenza assoluta delle logiche del grande capitale e delle banche rispetto ai bisogni delle cittadine e dei cittadini, alle esigenze di equità, alla difesa dei diritti di tutti respetto ai privilegi di pochi,  occorre riconoscerne il carattere sistemico; occorre proporsi una decisa alternativa strutturale, e non alzare la voce solo quando una qualche scelta risulta particolarmente indigesta: c'è bisogno ora più che mai di un deciso rovesciamento di prospettiva. perché il futuro sta in un altro modello culturale che ha come priorità la riconquista a favore della collettività delle risorse e degli spazi pubblici, sia quelli materiali che quelli democratici. Perché la difesa dei Beni Comuni e una reale partecipazione democratica della cittadinanza sono strettamente collegate.

Occorre voltare decisamente pagina rispetto a una politica, e a un ceto politico, che troppo spesso ha voluto trasformare il governo in affari, occorre porre finalmente al centro la questione morale e il conflitti d'interessi.  Qui citerei Piercamillo Davigo ha dissertato sui nuovi aspetti della corruzione di oggi tra cui la moltiplicazione delle società partecipate e dei general contractor che "privatizzano" i rapporti tra stato e imprese. “Si è aggravato inoltre il degrado dei partiti politici. Al loro interno può succedere qualsiasi cosa perchè non ci sono regole minime di controllo. E’ passata poi l’idea che per prendere le proprie posizioni la politica debba aspettare le decisioni dei giudici. E’ un’idea completamente sbagliata. La giustizia è una virtù cardinale ma lo è anche la prudenza”.
I cittadini toscani stanno già facendo molto, autorganizzandosi e pagando i costi della loro attività con l'autofinanziamento, cene, vendita di spille e adesivi, e assisitono al paradosso che lo Stato rimborsa ai partiti cifre astronomiche per spese mai fatte: il Pd ha speso alle ultime politiche 18 milioni di euro e ne ha ricevuti in cambio 180; il Pdl 68 e ne ha avuti 206 e via dicendo. Dalla azione di questa parte attiva, e lo abbiamo ben visto nel caso emblematico della Val di Susa, passa la riconquista di spazi di agibilità ambientale, sociale e democratica, oltre che una via d'uscita per il futuro. Queste voci sono rimaste finora inascoltate. Anche per questo si faranno sentire, come ha ben fatto vedere il recente meeting sulle "Grandi opere inutili",  in modo ancora più forte e organizzato.

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