"I dati dell'Italia del recupero"
Scritto da Redazione   
mercoledì 23 maggio 2012
...La costante importazione dei materiali recuperati indica che esistono ulteriori spazi per lo sviluppo della raccolta dei rifiuti. Inoltre, le alte percentuali di riutilizzo del materiale recuperato rispetto a quello vergine (generalmente più costoso sia economicamente sia in termini di impatto ambientale) segnalano che il settore del recupero costituisce un giacimento potenzialmente in forte crescita di materie seconde, che occorrerebbe altrimenti importare.

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I dati dell'Italia del Recupero

Sul settore grava l'attuale crisi del mercato delle materie prime. Il Recupero rifiuti, può essere il volàno per l'industria nazionale

Aumentano i quantitativi di rifiuti avviati al riciclo; continuiamo ad importare dall'estero «materie prime riciclate»; il settore dei «recuperatori» conferma un ruolo strategico per lo sviluppo dell'industria nazionale, ma oggi sta già subendo i primi effetti negativi della crisi dei prezzi delle materie prime.

È questa, in sintesi, la fotografia del comparto del recupero che emerge dallo studio annuale «L'Italia del Recupero» presentato nei giorni scorsi da Fise Unire (l'Associazione di Confindustria che rappresenta le aziende del recupero rifiuti) a Rimini, nel corso della Fiera Ecomondo.

Il Rapporto evidenzia l'importanza del settore del riciclo, confermata dalla sua continua crescita: se negli ultimi anni la produzione industriale ha subito una contrazione dell'1,6%, le attività di recupero sono cresciute complessivamente dell'8,2%.

Il mercato del riciclo produce ogni anno 35 milioni di tonnellate di materiali recuperati sostitutivi delle materie prime vergini e di cui, in particolare: 20 sono costituiti da metalli, 5,5 da carta e cartone, 4,8 da legno, 1,8 da vetro e 1,3 da plastica. I recuperatori privati agiscono su un quantitativo di rifiuti raccolti di oltre 23 milioni di tonnellate.

L'Italia si conferma anche nel 2007 un Paese importatore di materie prime seconde riciclabili. I quantitativi di rifiuti avviati a recupero sono, infatti, ancora superiori al totale della raccolta differenziata in quasi tutti i settori industriali; discorso a parte vale per la carta, comparto in cui da qualche anno si registra un'esportazione del macero raccolto.

La costante importazione dei materiali recuperati indica che esistono ulteriori spazi per lo sviluppo della raccolta dei rifiuti. Inoltre, le alte percentuali di riutilizzo del materiale recuperato rispetto a quello vergine (generalmente più costoso sia economicamente sia in termini di impatto ambientale) segnalano che il settore del recupero costituisce un giacimento potenzialmente in forte crescita di materie seconde, che occorrerebbe altrimenti importare.

Il settore del recupero è oggi rappresentato soprattutto da imprese di medio-piccole dimensioni che necessitano di adeguate regole di mercato e di garanzie su condizioni di libera concorrenza per potersi sviluppare. La diffusa prassi da parte degli enti locali di affidare servizi in maniera non corretta (tramite applicazioni distorte dell'affidamento in-house) continua, invece, a condizionare la presenza sul mercato degli operatori privati, come testimonia anche la recente indagine conoscitiva sul settore degli imballaggi da parte dell'Autorità Garante della concorrenza e del mercato.

«A fronte di un quadro tendenzialmente positivo nel recente passato – dichiara Corrado Scapino, Presidente di Fise Unire – le imprese del settore vivono oggi criticità legate alla situazione di mercato, contraddistinta da forti flessioni nelle quotazioni delle materie prime, che stanno determinando condizioni di incertezza per il futuro del settore. Alla luce della crisi attuale, è evidente che il mercato non può costituire l'unico volàno per lo sviluppo di questo comparto: appare, quindi, ancor più necessario puntare sull'efficienza, sulla qualità, sul contenimento dei costi dei servizi e considerare per le filiere di recupero la cui responsabilità ricade sui produttori iniziali dei beni più stringenti meccanismi di “polluter pays” (chi inquina paga) tonnellate di rifiuti inerti. Di questi, solo il 10% viene riciclato. L'introduzione di un obiettivo di riciclaggio a livello comunitario pari al 70% appare oggi difficilmente raggiungibile, anche nei tempi lunghi (2020) previsti dalla Commissione europea.

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