L'Ilva e l'illegalità di stato
Scritto da msirca   
mercoledì 28 novembre 2012

(sembra incredibile... ma noi cittadini attivi nei comitati in difesa della salute e dei beni comuni purtroppo siamo abituati a decisori politici che decidono o avallano decisori economici... decisioni di rapina per cui dovrebbero stare tutti in galera...-ndrmsirca-)

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/11/27/lilva-e-lillegalita-di-stato/427783/

L’Ilva e l’illegalità di Stato

 
Il bubbone Ilva è oramai esploso in tutta la sua virulenza. Una vicenda grottesca, complessa e drammatica, ma sintomatica del precario stato del nostro Paese, dove perdura uno Stato di illegalità. Stato con la esse maiuscola poiché è lo Stato stesso che alimenta l’illegalità.
 
L’Ilva è stata a lungo l’Italsider pubblica, ossia una delle maggiori aziende siderurgiche italiane del XX secolo e alla fine degli anni ottanta è avvenuta la cessione a privati. Ha rappresentato la grande industria di Stato e ne ha testimoniato dunque tutte le contraddizioni, atteso che la scelta di favorire l’industria e l’occupazione, sacrificando l’ambiente e la salute (in periodi in cui si aveva già la percezione della ricaduta negativa), ha caratterizzato un certo socialismo produttivo. Questo percorso è certo avvenuto in quasi tutti i paesi occidentali. Ma in molti di essi si è posto rimedio già nei decenni passati quando lo sviluppo delle tecnologie e della scienza ha saputo indicare i rimedi. Alla fine è stata solo una mera scelta di costi, di prevenzione, di priorità e di valutazione costi-benefici. Tanto più si era illuminati, tanto prima tali valutazioni sono intervenute. Il cammino del progresso è stato costellato da migliaia di vittime ma la lungimiranza dell’uomo ha poi posto freno a tali sacrifici.
 
In Italia si ha invece l’impressione che la grande industria inquinante (pubblica e privata) abbia continuato imperterrita ad inquinare (dagli anni dello sviluppo industriale sino ad oggi) con la compiacenza dello Stato legislatore (che spesso è intervenuto in ritardo rispetto alle direttive comunitarie, ovvero intervenendo all’italiana) e dei controllori, per salvaguardare un generale interesse alla produttività. Il primo legiferava in ritardo e male, il secondo controllava male o faceva finta di controllare. Il primo veniva costantemente sanzionato dalla Comunità europea, il secondo veniva depotenziato o scelto oculatamente per non nuocere (l’Arpa, fragile ed evanescente). 
 
Tutto ciò ha creato nel tempo un sistema di dubbia legalità, sormontato da un velo di ipocrisia che formalmente ha reso legali condotte che sostanzialmente sono illegali. In breve, lo Stato ha donato un’aurea di legalità a condotte palesemente illegali, in materia ambientale e di salubrità ambientale, che altrove non sarebbero state consentite.
Questo velo di illegalità (formalmente legale) è stato squarciato nel caso di Taranto dalla Procura e saltuariamente in altre fattispecie da altre Procure (si pensi ai Petrolchimici). Giova ricordare come non vi sia alcun conflitto di poteri posto che in materia di salubrità ambientale (e non) la Procura conserva il potere di intervenire dinanzi alla consumazione di reati. Così come conservano tale potere di intervento pure il giudice ordinario civile (inibendo le immissioni) e il giudice amministrativo (rimuovendo gli atti illegittimi). Tali percorsi sono tuttavia complessi e faticosi (ancorché percorribili e in molti casi indispensabili) e attestano come la patologia non sia stata curata dallo Stato, e anzi che in molti casi abbia svolto un ruolo concausale. 
Il grande polo siderurgico di Taranto ne è l’emblema. Passato nel 1995 al Gruppo Riva, certamente già in condizioni di disastro ambientale, il gruppo avrebbe comunque dovuto approntare le migliori tecnologie disponibili per non inquinare. Se lo ha acquistato, immaginiamo dopo una due diligence, è perché avrà avuto rassicurazioni che non sarebbe stata disturbata più di tanto negli anni a seguire. Il pacioso incantesimo si è interrotto solo grazie alla Procura.
 
La gravissima situazione, palesata grazie al prezioso lavoro della Procura tarantina offre un malmostoso groviglio tra irresponsabili negligenze private e pubbliche, una commistione tra controllori e controllati, un fitto familismo, un sistema di corruttela diffuso. Prevale in tutto ciò solo la logica del profitto, ipocriticamente sostenuta dall’interesse all’occupazione e alla siderurgia, in danno delle centinaia di morti (e ammalati) che hanno pagato il prezzo più alto. 
Taranto è al 107° posto per qualità della vita in Italia, ossia l’ultimo.  
L’ipocrisia e l’irresponsabilità sono state ben alimentate: dal ministro Clini – il socialista ministro dell’Ambiente per chissà quali meriti -, molto attento a preservare il lavoro e l’interesse della grande industria; il sottosegretario Catricalà che invocava ricorsi alla Consulta (mai visti prima) paventando un esercizio eccessivo della potestà giudiziaria da parte del Gip, tali da ledere il “diritto alla libertà d’impresa”; dalla Guardasigilli Severino che anticipava imminenti ispezioni; dal ministro Passera, il pluridemocristiano moderato pronto all’uso; dal presidente della Regione Vendola, che scopriva il grave problema riposto nel suo seno da soli 7 anni e invece pare, dagli atti, ben orchestrato.
E’ il momento delle grandi scelte e di puntare verso un autentico sistema di legalità.
Commenti
Ilva, Vendola respinge ogni illazione.
scritto da msirca, novembre 28, 2012

http://www.ecodallecitta.it/notizie.php?id=114185

Ilva, Vendola respinge ogni illazione. Nessuna pressione su presidente dell’Arpa Puglia per minimizzare i dati sui veleni


“Il direttore Giorgio Assennato, che io ho scelto e riconfermato alla guida dell’Arpa Puglia – ha detto Vendola – potrà raccontare se ha mai subito pressioni o tirate d’orecchio da parte mia. Le mie pressioni sono andate sempre nella direzione di essere inflessibili in termini di ambientalizzazione”. Assennato: "Ora indagatemi"


martedì 27 novembre 2012 00:40



Ilva, Vendola respinge ogni illazione. Nessuna pressione su presidente dell’Arpa Puglia per minimizzare i dati sui veleni
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Nichi Vendola, è intervenuto in serata alla trasmissione di Telenorba “il Graffio”, per rendere conto degli avvenimenti negativi che si sono succeduti in giornata, dagli ultimi sviluppi dell’inchiesta Ilva “Ambiente svenduto”, alla chiusura definitiva dello stabilimento (con disattivazione dei 5.000 badge degli operai), alle accuse, infine, mosse allo stesso Presidente, che avrebbe esercitato pressioni in favore dell’Ilva sul Direttore generale dell’Arpa Puglia Giorgio Assennato.

“Intanto vorrei manifestare solidarietà – ha dichiarato Vendola – verso le migliaia di lavoratori che in questo momento vivono sentimenti di paura e di angoscia. Di fronte alla prospettiva di perdere il lavoro noi dobbiamo mobilitare tutte le energie e tutte le forze per essere contemporaneamente vicino per quello che rappresenta per la Puglia e l’Italia, il più grande stabilimento siderurgico d’Europa, cioè un polmone produttivo. Parlare di tumori, poi, in un’area come quella tarantina, provare a sentire il dolore di quartieri come Tamburi e Paolo Sesto, bisogna farlo con la massima determinazione, come abbiamo fatto qui in Puglia. Tra l’altro, in solitudine. Perché il legislatore nazionale, il Governo nazionale non ci ha dato una mano: a volte ha provato a impedire questa azione di risanamento, che comportava obbligare l’azienda a investire in ambientalizzazione degli apparati produttivi.

Riguardo alla reazione improvvisa e violenta dell’Ilva, il Presidente ha poi detto che “la regione Puglia è un autorità con competenze e prerogative specifiche. Appare un po’ curioso che la normativa sui veleni debba essere regolata in chiave regionale. Io ho l’impressione che l’Ilva abbia cercato sempre di sfuggire dal suo giudice naturale: il tavolo che ha per oggetto il ciclo delle bonifiche, il risanamento del mare e del suolo del capoluogo jonico. E’ un tavolo al quale l’Ilva si può presentare in quanto azienda che deve fare la sua parte con proprie risorse economiche. Il giudice chiede che l’Ilva interrompa questa catena di reati. Altro conto è le buone intenzioni che può manifestare ad altri tavoli ma poi l’Ilva deve rispondere al suo giudice naturale. Penso che abbia sempre tentato di sfuggire a questo nodo.
Ora La Regione che farà? Prossimamente, giovedì 29 novembre 2012, alle 15 la regione Puglia sarà a Palazzo Chigi. “Siamo stati convocati dal Presidente Mario Monti, insieme alle parti sociali”.

Riguardo alle presunte minacce o pressioni che il Presidente Nichi Vendola avrebbe prodotto nei confronti del direttore dell’Arpa Puglia, espresse in una telefonata intercettata tra il consulente dell’Ilva Archinà e il segretario provinciale della Cisl di Taranto Daniela Fumarola e riportata nell'ordinanza d'arresto per i vertici dell'azienda dal Gip di Taranto Patrizia Todisco, Vendola ha infine dichiarato: “Il direttore Generale Giorgio Assennato che io ho scelto e riconfermato alla guida dell’Arpa Puglia potrà raccontare se ha mai subito o pressioni o tirate d’orecchio da parte mia. Le mie pressioni sono andate sempre nella direzione di inflessibilità in termini di ambientalizzazione e anche molto cauti per evitare quello che purtroppo vedremo nelle prossime ore.

«ORA INDAGATEMI» - Il direttore dell'Arpa Assennato in conferenza stampa a Bari è stato chiaro: «Non ho mai subito pressioni da politici, neanche tarantini, né dall'Ilva. Quello che leggo sui giornali (ovvero che avrebbe ammorbidito la posizione per ottenere un rinnovo contrattuale all'Arpa, ndr) è un fatto particolare che potrebbe configurarsi come un reato o comunque è un fatto deontologicamente spregevole. Chiederò al procuratore Franco Sebastio di essere indagato o quantomeno di verificare se questo sia o meno un reato». (Leggi l'articolo completo sul Corriere del Mezzogiorno)



da Eco Blog
scritto da msirca, novembre 28, 2012


Paolo Hutter


Ilva: le "manovre di Vendola" per occultare lo smog di Taranto

pubblicato il 27.11.2012


Uso il blog perchè devo uscire dal codice stretto della cronaca per un ragionamento urgente. Mentre scrivo, mentre l' Ilva annuncia la sospensione totale della produzione, circola in rete una notizia che parla di un'indagine da cui emergerebbero pressioni di Vendola per far occultare dall'Arpa i dati sulle emissioni di smog e di veleni a Taranto. Circolano anche già commenti di lettori che non aspettavano altro per sentenziare sulla complicità della Giunta pugliese con l'inquinamento Ilva. Anche senza attendere i chiarimenti di Arpa e Regione Puglia è bene notare alcune contraddizioni nel testo. Le intercettazioni citate sono di telefonate di Archinà, rappresentante anzi pr dell'Ilva incaricato di proteggere gli interessi dell'azienda presso istituzioni e opinione pubblica. Che lui millantasse una ostilità di Vendola verso l'Arpa fa parte dei trucchi del mestiere. Secondo : il direttore dell'Arpa Assennato, che secondo la notizia Vendola "cercava di far fuori" nel 2010, è stato riconfermato nel 2011 dallo stesso Vendola per 5 anni. Terzo, a differenza degli ondeggiamneti del governo Monti in proposito, Vendola non ha mai fatto opposizioni barrriere o critiche verso l'operato della magistratura su Taranto. E' vero che non si è mai pronunciato per la chiusura dell' Ilva, ritenendo che si possa arrivare alla compatibilità tra industria e ambiente. Ma sostenere questa impegnativa e difficile linea non significa occultare dati. Del resto, nonostante il tono molto insinuante della notizia che circola, non risulta proprio che nè Vendola nè Arpa nè altri della Regione Puglia siano indagati. Come invece dovrebbe essere se avessero occultato o manipolato dati sull''inquinamento.


busy
Ultimo aggiornamento ( mercoledì 28 novembre 2012 )