G. CAPECCHI sulla MARCIA PER LA GIUSTIZIA
luned́ 10 settembre 2007
Una riflessione di
Dal palco allestito nella piazza di Quarrata in occasione della marcia della giustizia di sabato scorso, è stato don Alessandro Santoro ad esprimere la tristezza per la mancata adesione delle istituzioni locali ad una manifestazione pacifica che ha coinvolto migliaia di persone.
Il fatto che alla marcia non ci fossero i gonfaloni dei Comuni di Agliana, Quarrata, Montale e Pistoia, della Provincia di Pistoia e della Regione Toscana (gonfaloni che c’erano sempre stati negli anni precedenti, quando le motivazioni della manifestazione erano le medesime) ha rappresentato l’ennesima triste conferma di una distanza crescente tra chi amministra e chi è amministrato, tra chi occupa dei posti di potere e chi, manifestando le proprie idee, vorrebbe aiutare proprio quel potere a fare meglio, nell’interesse di tutti, delle generazioni presenti e di quelle future.
Non è stata l’assenza fisica dei gonfaloni a rappresentare un elemento di tristezza.
Né la tristezza ha pervaso il corteo, festante, silenzioso e colorato.
È stata piuttosto una constatazione: è possibile che persone che si dicono di sinistra scelgano di non ascoltare alcune migliaia di cittadini che marciano per costruire un mondo migliore, più giusto, in cui i beni comuni (l’acqua, l’aria, la salute, l’informazione) siano tutelati dagli enti pubblici?
È possibile che persone che si dicono di sinistra preferiscano restare a casa piuttosto che ascoltare gli interventi di Alex Zanotelli, Giancarlo Caselli, Alessandro Santoro, Gianni Minà, Riccardo Petrella?
Interventi, questi, che magari avrebbero potuto condividere solo in parte, ma che sicuramente avrebbero rappresentato uno stimolo per la riflessione e per l’azione politica che quotidianamente deve portare avanti chi governa.
Sabato, però, è stato anche il giorno della raccolta di firme promossa da Beppe Grillo.
Un fatto, questo, strettamente collegato anche alle ragioni della marcia per la giustizia che, tra i suoi obiettivi, aveva quello di chiedere a gran voce una politica etica, pulita, trasparente.
Le migliaia di firme raccolte dai giovani e meno giovani sostenitori del “V-Day” mi pare che abbiano confermato un dato di fatto: le persone hanno ancora voglia di manifestare le proprie opinioni, di mobilitarsi per battaglie di moralità e di giustizia, di mettere una firma per chiedere un parlamento senza deputati condannati e una politica senza privilegi; e, contemporaneamente, queste stesse persone non ne possono più della “casta” dei politici di professione, né di quegli amministratori che non sanno più ascoltare. E purtroppo queste persone hanno ragione: l’antipolitica è il frutto di una politica fatta di privilegi, piegata su se stessa, attenta ai giochi di potere, che diserta le occasioni di incontro e di confronto.
Ecco perché la mancanza delle pubbliche amministrazioni alla marcia della giustizia e il successo del “V-Day” mi sembrano due fatti strettamente collegati.
Confesso che mentre camminavo da Agliana a Quarrata pensavo al gonfalone a scacchi bianchi e rossi chiuso nel palazzo comunale di Pistoia. Pensavo a lui e alla sua tristezza: noi eravamo in tanti a sfilare, e lui, che gli altri anni c’era, era stato costretto a restarsene solo e in silenzio, simbolo di una politica che si chiude a riccio, autoreferenziale, distante.
Giovanni Capecchi, Capogruppo Arcobaleno su Pistoia
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