I sacchetti in mater-bi della grande distribuzione...
Scritto da Redazione   
marted́ 16 giugno 2009

tratto da:
http://www.aspoitalia.it/blog/nte/2009/06/14/ma-i-sacchetti-biodegradabili-lo-sono/

Di Ugo Bardi
La pubblicità ci illude di tante cose; forse l’area dove si prendono i bidoni peggiori è quella della cosiddetta “sostenibilità”. Cosa è sostenibile e cosa no dipende spesso dagli occhi del credente. Senza andare troppo lontano in questo campo, ultimamente abbiamo visto arrivare nei supermercati i sacchetti “ecologici”. Ma lo sono veramente?

tratto da:

http://www.aspoitalia.it/blog/nte/2009/06/14/ma-i-sacchetti-biodegradabili-lo-sono/

*Un sacchetto “ecologico” appena arrivato dal supermercato. Notate due cose
che ci sono scritte sopra: “biodegradabile al 100%” e “adatto per la
raccolta dell’umido”. Entrambe le cose sono probabilmente false.*

*Di Ugo Bardi*

La pubblicità ci illude di tante cose; forse l’area dove si prendono i bidoni peggiori è quella della cosiddetta “sostenibilità”. Cosa è sostenibile e cosa no dipende spesso dagli occhi del credente. Senza andare troppo lontano in questo campo, ultimamente abbiamo visto arrivare nei supermercati i sacchetti “ecologici”. Ma lo sono veramente?

Ho cercato un po’ su internet qualche dato su di questa roba. Tipicamente,
si tratta di un polimero chiamato “MaterBi” . Guardando bene sui vari siti
si trova che il MaterBi è un composto di amido, poliestere, e altri
materiali plastificanti. Il poliestere si produce, normalmente, dal
petrolio. Non ho trovato in nessun posto quale sia la frazione di poliestere
nel MaterBi ma, comunque, chiaramente non è tutto di origine vegetale.
Quindi, con tutta la buona volontà non lo si può definire un materiale
“ecologico” o “sostenibile”. Che il MaterBi sia fatto, almeno in parte, a
partire dal petrolio è confermato in un articolo di Cementero e Zanardi (*vedi
pdf*).

Cercando su internet, trovate molte lodi a questo materiale per la sua
biodegradabilità. Ma si fa subito confusione fra *compostabilità *e *
biodegradabilità.* Un polimero è biodegradabile se viene completamente
trasformato in CO2 e H2O. Compostabile, invece, vuol dire che non lascia
residui evidenti quando viene compostato; ovvero si disgrega in particelle
minute. Ma questo non vuol dire che venga completamente trasformato in CO2 e H2O.

C’è una norma specifica, la ISO 14855, che definisce la biodegradabilità ma
non la trovo applicata al MaterBi in nessun posto. Quindi, non c’è evidenza
che lo si possa definire “biodegradabile”, come invece troviamo scritto
trionfalmente sui sacchetti e un po’ ovunque su internet. Viceversa, si dice
che il MaterBi è in grado di passare un test di compostabilità secondo la
norma EN 13432, come si trova scritto sui sacchetti e anche sul sito della
Novamont che lo produce (
www.novamont.com). Sono andato a cercarmi la norma
su internet e - come sempre per queste norme - se la vuoi completa te la
fanno pagare, e non poco (minimo 41 Euro). Non si capisce per quale ragione
queste norme devono essere tenute nascoste al pubblico come se fossero
segreti di stato. Comunque, sono riuscito a trovare una descrizione
abbastanza dettagliata della procedura nell’articolo di Centemero e
Zanardi<
http://documenti.chimicitoscana.it/documenti/BIOPLASTICHE/Massimo%20Centemero/Metodica.pdf>che
ho citato prima.

In sostanza, il test di compostabilità degli imballaggi si fa in condizioni
decisamente “toste”, ovvero a 50 gradi e umidità controllata, in presenza di
non oltre l’1% in peso del prodotto da testare. Il resto, il 99%+ è
substrato organico. In queste condizioni (alquanto estreme per un processo
di compostaggio)  si richiede che venga compostato almeno il 90% (sempre in peso) del prodotto in 3 mesi. La verifica della compostabilità si fa per
mezzo di  un setaccio con maglie di 2 mm. Non ho dubbi che i sacchetti di
MaterBi del supermercato abbiano superato questa prova. E’ altrettanto ovvio
che il MaterBi sta in una classe di compostaggio ben diversa da quella di un
torsolo di mela che, in queste condizioni, composterebbe in poche ore. Ma, a
questo punto, si pone la domanda: come si comporta il MaterBi al compostaggio pratico? Ovvero, che succede se lo butti in un compostatore
domestico o in un impianto comunale di compostaggio?

La risposta a questa domanda non l’ho trovata su internet, a parte che in
forma di esortazioni assai ottimiste che invitano a usare le buste come
contenitori per la raccolta dell’organico. Allora, mi sono attrezzato per
fare qualche prova sperimentale a casa mia. Ho usato il compostatore
elettrico della Naturemill, di cui ho parlato altrove <
http://aspoitalia.blogspot.com/2008/12/ed-ecco-voi-il-compost.html>.
L’arnese composta a 40 gradi e ottiene velocità molto superiori rispetto a
quelle che si possono ottenere in un compostatore tradizionale. La frutta
sparisce in una notte; materiali fibrosi spariscono al massimo in 48 ore. E’
la Ferrari dei compostatori domestici. Lo vedete qui in tutto il suo fulgore:

[image: supercomposter1]

Allora, come si comporta il sacchetto di MaterB al compostatore? Beh,
andiamo per gradi. Ecco il sacchetto tagliuzzato messo dentro la camera di
compostaggio:

[image: baginsidecomposter]

Ed ecco i risultati dopo una settimana di compostaggio accellerato:

[image: moldinsidecomposter]

In questa figura, vedete un certo numero di cose: il compost “buono”
derivato dai resti di cucina è la massa bruna al centro. Vedete l’agitatore
meccanico e - se ci fate caso - notate anche un pezzettino di sacchetto non
compostato che spunta dalla massa. La roba biancastra sui bordi è muffa: non l’avevo mai vista formarsi in questo compostatore, ma se ne è formata in
grande quantità dopo averci messo i pezzetti di sacchetto di materBi.
Inoltre, questo compost puzza; cosa per niente normale con questo
compostatore. Attribuisco il puzzo alla presenza del MaterBi non compostato
che impedisce la corretta aerazione della massa di compost

Ed ecco i risultati dopo una settimana di trattamento; quando mi sono deciso
a estrarre questa robaccia dal compostatore perché mi stava appuzzando tutto e rendendo difficile compostare tutto il resto.

[image: risultatifinalicompostbag]

Dopo una settimana, il materiale del sacchetto è rimasto più o meno intatto,
anche se ha cambiato colore diventando nettamente più scuro. E’
perfettamente possibile che se ce lo avessi tenuto tre mesi, come da
specifiche della prova EN 13432, avrei finito per compostarlo almeno al 90%.
Però, è chiaro che questa roba è tutt’altra cosa dei residui organici
domestici. Decisamente non è il caso di buttare questi sacchetti dentro un
compostatore domestico di quelli comuni, probabilmente ce li ritroverete
ancora, più o meno intatti, dopo anni. Per non parlare del rischio di
ridurre l’areazione della massa e generare puzzi alquanto spiacevoli.

Alla fine dei conti, da questa piccola ricerca che ho fatto, ricavo alcune
conclusioni, non piacevoli per gli amanti della sostenibilità

1. *Il MaterBi non è un materiale completamente sostenibile, *in quanto
contiene materiali che hanno origine dal petrolio.

2. *Non c’è evidenza che il MaterBi sia “biodegradabile al 100%”.* Qui si fa
confusione fra “biodegradabilità” e “compostabilità”: il MaterBi è
certamente compostabile secondo le specifiche vigenti, ma questo non vuol
dire che sia “biodegradabile”.

3. *Non è una buona idea quella di utilizzare i sacchetti in MaterBi per la
raccolta dell’organico*. Il compostaggio del MaterBi è estremamente lento
cosa che lo rende poco adatto ai compostatori domestici. Allo stesso tempo,
non si sa che effetto potrebbe esserci sugli impianti di compostaggio su
scala media e grande quando questi si trovassero a dover assorbire grandi
quantità di materiali in MaterBi, o simili, ritenuti in buona fede dai
cittadini di essere “biodegradabili”

Per non fare sempre il bastian contrario, vorrei dire che la faccenda va
vista anche in termini positivi. Questi polimeri compostabili sono
certamente un vantaggio rispetto al vecchio polietilene che non compostava
quasi per niente. Un’altro vantaggio è il loro costo maggiore che scoraggia
un po’ i cittadini a sprecarli. Ma - come sempre - anche per le cose buone
non è bene esagerare con le lodi e le affermazioni discutibili. Qui, si sta
chiedendo a questo povero MaterBi di fare cose che sono - in buona parte -
in contrasto l’una con l’altra. Gli si chiede di essere facilmente
degradabile e - allo stesso tempo - di NON essere facilmente degradabile.
Ovvero, vogliamo che si comporti come il polietilene finchè tiene dentro la
spesa del supermercato e invece vogliamo che si comporti come un torsolo di
mela appena è vuoto. Non è possibile - ci vuole un minimo di realismo.

Allora, cosa dovremmo fare per avere degli “shoppers” veramente ecologici?
Una possibilità è la carta; come si usa comunemente negli Stati Uniti. La
carta è di origine completamente biologica; è compostabile, con lentezza, ma
sicuramente meglio di strani polimeri ed è anche biodegradabile. Tuttavia,
la carta non piace perché è meno resistente della plastica. E allora? Beh,
prima o poi dovremo rassegnarci a ritornare alle vecchie borse della spesa.

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*Nota: questo testo non va visto come una critica alla Novamont che produce
il MaterBi. Per quanto ho potuto vedere, la Novamont sul suo sito descrive
le proprietà del polimero in modo completamente corretto*.



Commenti
pubblicato in Documenti- Document. Varia pg 1
scritto da msirca, giugno 16, 2009

Proposta di metodica per la determinazione su scala reale della
compostabilita’/disintegrabilita’ dei manufatti biodegradabili
Massimo Centemero, Werner Zanardi
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Consorzio Italiano Compostatori, Roma

ooops... non è tutt'oro quel che luce
scritto da Cirano, giugno 16, 2009

Grazie prof. Bardi!
In effetti mentre si può vedere come un netto miglioramento rispetto all'uso dello shopper di plastica, bisogna tenere conto anche di questi aspetti.




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Ultimo aggiornamento ( domenica 21 giugno 2009 )