Qualità, regole e sbocco per i materiali da riciclo
Scritto da Redazione   
sabato 31 ottobre 2009

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[ 30 ottobre 2009 ] Rifiuti e bonifiche

Qualità, regole e sbocco per i materiali da riciclo. Il punto a Ecomondo dalla nostra inviata Lucia Venturi

RIMINI. La crisi è stata il convitato di pietra, oggi a Ecomondo, alla tavola rotonda organizata da Fise Unire (l'associazione di Confindustria che rappresenta le aziende del recupero rifiuti) a corollario della presentazione del decimo rapporto sull'Italia del recupero

RIMINI. La crisi è stata il convitato di pietra, oggi a Ecomondo, alla tavola rotonda organizata da Fise Unire (l'associazione di Confindustria che rappresenta le aziende del recupero rifiuti) a corollario della presentazione del decimo rapporto sull'Italia del recupero.Evocata da tutti, ora per segnalare gli effetti di freno che il crollo nelle quotazioni delle materie prime ha prodotto anche sui mercati dei materiali riciclati, ora per evocare le possibilità di dare slancio alla tanto decantata e poco agita green economy, ora per coglierne l'opportunità di affrontare una serie di problematiche che, come ha sottolineato il presidente di Fise, Corrado Scapino, la crisi ha solo accentuato ma che erano già in atto per effetto della globalizzazione dei mercati, ovvero lo spostamento di settori industriali e di mercato verso altri paesi, in particolare asiatici. Già adesso nel settore del recupero della carta il nostro paese è diventato nel giro di un decennio da importare a esportatore netto, con 1,5 milioni di tonnellate di carta da macero portate in Cina.Mentre negli altri settori, legno, vetro, plastica, si deve -spesso- ricorrere all'importazione per far fronte alle richieste delle imprese di riciclaggio.«L'Asia ha - indicato Claudio Francia, curatore del rapporto - importa 48 milioni di tonnellate di materie prime seconde e i principali esportatori sono i paesi del nord Europa e gli Stati Uniti d'America. Questo significa che si sta delinendo una forte industria del riciclaggio e recupero in Asia e questo non potrà che produrre problemi nelle industrie che operano nel nostro paese».Che il problema va distinto «tra fattori strutturali e fattori contingenti» lo ha ribadito anche Alessandro Marangoni, economista dell'Università Bocconi, aggiungendo che se l'Italia ha saputo far leva sul settore del riciclo per avviare una impresa che rappresenta ad oggi circa un terzo di quella che viene definita green economy ora «è arrivato il momento di cambiare il sistema e di rivolgersi di più a politiche ambientali nel loro complesso e non per settori».Servono quindi politiche globali e all'interno di queste si devono collacare quelle nazionali, in altre parole, anche lui da «liberista» quale si è definito ha sottolineato l'esigenza di regole.Tema, quelllo delle regole, che ha messo d'accordo tutti, purchè si arrivi a un sistema di regole certe, snelle e sostitutive più che aggiuntive e che «facciano parte di una strategia di governo, che ancora non si vede» ha detto Alessandro Bratti, deputato del Pd e membro della Commissione ambiente della Camera.Quindi regole semplificate da una parte e dall'altra qualità, altro tema evocato da tutti gli attori della tavola rotonda, così come l'esigenza ormai irrinunciabile di traguardare il concetto di raccolta differenziata verso un concetto più esaustivo e complessivo di riciclo; in linea con il nuovo approccio della direttiva quadro europea- che ha detto Luigi Pelaggi, capo della segreteria tecnica del Ministero dell'Ambiente «sarà recepita prima dei tempi previsti (dicembre 2010)» e in risposta a quanto il mercato impone: «India e Cina stanno già chiedendoci la certificazione dei materiali che esportiamo» ha detto Corrado Scapino.C' è anche un altro problema che ha trovato unanime accordo, ovvero l'esigenza di trovare mercati di sbocco a questi materiali, per evitare di dare terreno a chi sostiene che le raccolte differenziate non servono; uno sbocco che va anche oltre lo step del riciclo e riguarda la possibilità di trovare mercato ai ri-prodotti.«Una raccolta differenziata di qualità- ha detto Scapino - rappresenta il presupposto, e non l'obiettivo principe, di una migliore gestione dei rifiuti, che va rifocalizzata innanzitutto sul ‘risultato', ovvero sulla possibilità di produrre materiali recuperati con sempre maggiore qualità e sulla capacità di questi di essere riassorbiti anche in nuovi cicli produttivi».Per non compromettere i tassi di raccolta raggiunti e gli obiettivi fissati dal legislatore è quindi necessario accrescere la capacità di riutilizzo di alcuni materiali da parte dell'industria nazionale, e rafforzare sia la domanda di materiali riciclati che di beni e manufatti da questi ottenuti, anche mediante interventi quali il Gpp (green public procurement, ovvero acquisti verdi da parte delle pubbliche amministrazioni), ad oggi limitato a poche esperienze; come è altrettanto urgente- ha ribadito il presidente di Fise- individuare e promuovere nuovi sbocchi attraverso un'adeguata incentivazione della ricerca di nuove applicazioni in processi produttivi manifatturieri e nei prodotti verdi, facendo l'esempio della gomma dei pneumatici riutilizzata negli asfalti come già è realtà in altri paesi ma non nel nostro.La «brillante iniziativa del decreto 30% (203/2003 ndr) è stata inefficace perchè priva di sanzioni» ha sottolineato Paolo Russo (Pdl) componente della commissione bicamerale d'inchiesta sul ciclo illecito dei rifiuti, rafforzando quanto già aveva sostenuto Nicola Nascosti, consigliere Anci.E sul tema della scarsa applicazione del Gpp (green public procurement) si è sofferamto anche Giancarlo Longhi, direttore del Conai, ricordando l'accordo fatto con Consip, senza che abbia dato, però grandi esiti.Longhi ha anche riportato la discussione sulla necessità di superare l'attuale approccio integrato basato sull'autosufficienza dei territori, prendendo come riferimento la sentenza della Corte costituzionale sulla tariffa per cui va a cadere l'imposizione dell'Iva al 10%, trattandosi in realtà di una tassa e sul disegno di legge sulla revisione dei servizi pubblici in cui si va a superare il sistema di affidamento in house.«Bisogna distinguere quelli che sono i servizi indivisibili, ovvero uguali per tutti quale lo spazzamento stradale, su cui è corretto applicare una tassa - ha detto Longhi - dalla raccolta e valorizzazione dei materiali, in cui l'organizzazione più funzionale per questo tipo di servizio ha bisogno di un bacino omogeneo, senza dubbio più vasto dell'ambito comunale e spesso anche provinciale e in questo caso lo strumento regolatori da applicare non può essere che la tariffa. Resta poi lo smaltimento che dovrebbe avere come ambito quello regionale e su cui deve ricadere un prezzo concordato di mercato».Questioni - queste - che però non sono state raccolte dagli altri relatori. 
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Ultimo aggiornamento ( sabato 31 ottobre 2009 )