Ancora sulle "polveri fini " di Federambiente
Scritto da Redazione   
mercoledì 16 marzo 2011

Dopo la disamina da parte di Medicina Democratica, della "sintesi" dello studio di Federambiente, unica forma per ora  resa disponibile, ecco un'altra serie di osservazioni da parte di ISDE Forlì/Cesana

OSSERVAZIONI INTEGRATIVE ALLE NOTE DI MEDICINA DEMOCRATICA INERENTI LO STUDIO ” EMISSIONI DI POLVERI FINI E ULTRAFINI DA IMPIANTI COMBUSTIONE

pubblicata da Patrizia Gentilini il giorno martedì 15 marzo 2011 alle ore 22.38Sulla stampa e su alcuni siti web sono state pubblicate anticipazioni di uno studio, commissionato da Federambiente ed eseguito dal laboratorio Leap con la partecipazione di esperti del Politecnico di Milano, sulle emissioni di polveri fini ed ultrafini da impianti di combustione, con titoli ad effetto del tipo: “un termovalorizzatore inquina meno di un caminetto”. Sul sito di Medicina Democratica http://www.medicinademocratica.org/article.php3?id_article=314 sono di recente già state pubblicate delle note molto puntuali e dettagliate:  con questi ulteriori commenti si intende semplicemente integrare le osservazioni fatte da Medicina Democratica, sottolineando  alcune lacune dello studio specie da punto di vista metodologico.Al di là delle enfatizzazioni giornalistiche, appare scorretto l’uso che viene fatto dalla stessa Federambiente di uno studio non ancora pubblicato e del quale sono state rese pubbliche solo delle sintesi che non hanno e non possono avere la valenza di uno studio scientifico propriamente detto. Sotto questo profilo, quindi, anche il recente intervento sull’inserto Affari e Finanza del giornale “la Repubblica” tutto può essere meno che un “importante contributo per far chiarezza e riportare il confronto sul ruolo dei termovalorizzatori in un alveo scientifico e non emotivo”.Se si volesse davvero portare il confronto su un alveo scientifico si procederebbe alla pubblicazione dello studio nella sua interezza, mettendo la comunità scientifica nelle condizioni di poter formulare valutazioni nel merito fondate non su semplici illazioni, come attualmente si è costretti a fare, bensì su una più dettagliata conoscenza delle metodologie e delle strumentazioni utilizzate nonché di tutti gli elementi utili a stimare li valore ed il grado di effettiva rappresentatività dei risultati pubblicati.E’ importante comunque premettere a qualunque considerazione nel merito, che non si tratta di uno studio indipendente, ma di uno studio che presenta un manifesto conflitto di interessi: lo studio infatti, oltre ad essere stato direttamente commissionato da Federambiente, che riunisce esclusivamente società che operano nell’ambito della gestione dei rifiuti, incluse quindi società ed imprese costruttrici e/o di gestione di impianti di incenerimento, è stato realizzato “con la collaborazione” di società direttamente coinvolte nella gestione di impianti di incenerimento di rifiuti, come AGSM (Verona, inceneritore di Ca’ del Bue), A2A (inceneritori di Brescia, Bergamo, Acerra), AGSM (Milano, inceneritore Silla 2), ACEGAS-APS (inceneritori di Trieste e Padova), IREN (inceneritori di Reggio Emilia, Piacenza e, in progetto, il discusso inceneritore di Parma), VEOLIA (multinazionale impegnata sia nella costruzione che nella gestione di impianti di incenerimento: in Italia a Gioia Tauro, Potenza, Isernia, Vercelli, Pietrasanta e Brindisi – questi ultimi due sotto sequestro della magistratura – nonché a Piacenza, in compartecipazione con ENIA, ora IREN), HERA (inceneritori di Bologna, Ferrara, Forlì, Modena, Ravenna e Rimini), TRM ( che ha in progetto l' inceneritore di Torino). Dal momento che gli inceneritori coinvolti nello studio appartengono solo a due delle società citate (A2A ed Hera) si deve supporre che la “collaborazione” sia avvenuta soprattutto con il finanziamento dello studio stesso.Nessuno qui vuole mettere in dubbio la competenza o l’etica professionale degli autori dello studio. Vorremmo però ricordare che l’esistenza di una correlazione tra esiti degli studi e tipo di committenza (profit o non profit) è un fatto documentato in letteratura, anche nel caso di studi passati al vaglio di revisori e pubblicati su riviste scientifiche di prestigio internazionale. È emblematica in tal senso la ricerca, pubblicata sul British Medical Journal (BMJ), effettuata sui risultati di test clinici sull’efficacia di farmaci, pubblicati sulla medesima rivista. Ebbene, l’analisi di 159 studi riguardanti 12 specialità farmaceutiche, mostrava l’esistenza di una associazione positiva, statisticamente significativa e quindi non casuale, tra conclusioni positive (e pertanto favorevoli al farmaco) degli autori e presenza di conflitti di interesse.Nel caso dello studio di cui stiamo parlando, riferendosi per lo meno alla sua sintesi pubblicata a cura di Federambiente, alcuni segnali di adeguamento ad esigenze riferibili alla committenza si possono cogliere prima di tutto nell’individuazione delle finalità dello studio. Se da un lato è infatti assolutamente condivisibile l’obiettivo di accrescere le conoscenze relative alla fenomenologia delle emissioni di particolato fine ed ultrafine emesso da impianti di combustione, alla sua consistenza quantitativa ed alla sua composizione, appare viceversa del tutto estranea agli interessi di un lavoro scientifico propriamente detto l’esigenza di replicare ad “alcune componenti dell’ambientalismo” che in Italia avrebbero “indirizzato l’attenzione al riguardo [al Particolato Ultrafine PU, ndr] sul trattamento termico dei rifiuti, postulando una connessione diretta tra combustione dei rifiuti e presunti effetti sulla salute”. Eco di questa esigenza si ritrova poi nelle conclusioni riportate nella sintesi:Pertanto, il complesso delle valutazioni che emergono dallo studio evidenziano come l’attività di termovalorizzazione di rifiuti, pur contribuendo come tutte le combustioni alle emissioni di PU, non mostra allo stato attuale elementi scientifici, né probanti né sospetti, per escludere a priori questa tecnica di smaltimento e recupero di energia in quanto fonte particolarmente importante di nano polveri”.Crediamo che questo rappresenti forse l’unico esempio di studio scientifico propriamente detto che si ponga l’obiettivo di “non escludere a priori” una determinata tecnologia. L’uso che Federambiente e gli altri sponsor stanno facendo dello studio appare del resto una conferma degli intenti promozionali con cui hanno commissionato lo studio.Un confronto tra la versione finale della sintesi dello studio ed una sua prima versione, che risale al maggio 2009 non fa che confermare tale sensazione: nella versione del 2009, infatti, nelle considerazioni finali si leggeva : "Per ciò che riguarda più specificatamente l’incenerimento di rifiuti, tale attività ha certamente un ruolo nella problematica dell’ultrafine". Questa affermazione non compare invece nella sintesi finale pubblicata nell’ottobre 2010. La sua eliminazione non ha una ragione di essere sul piano scientifico, in quanto non vi sono, tra la prima e la seconda versione, differenze di sorta sul piano dei risultati o delle acquisizioni, per cui i motivi della sua eliminazione non possono che essere di ordine comunicativo. Ulteriore conferma si ha nel fatto che di questa sintesi sia stata predisposta addirittura una versione specifica per la stampa, fatto questo più unico che raro per i lavori scientifici.Per quanto attiene le considerazioni relative agli effetti sulla salute del PU, come medici non possiamo che dirci stupefatti del modo sbrigativo con cui viene trattato un argomento sul quale esiste una corposa e solida documentazione e soprattutto non comprendiamo sulla base di quali elementi possano essere tratte conclusioni su questo piano da uno studio che non ha minimamente indagato questo aspetto.Ad altri, aventi le competenze tecniche necessarie, spetterà il compito di valutare se i risultati ottenuti, sulla base della strumentazione e delle tecniche adottate, del tutto sperimentali e non ancora adeguatamente validate, possano essere considerati effettivamente rappresentativi.A noi basta rilevare quanto poco peso si sia dato, ai fini della valutazione dei potenziali effetti sulla salute del particolato ultrafine emesso dagli impianti di incenerimento esaminati, alla composizione chimica di tale particolato, oltremodo diversa da quella dell’aria ambiente: il particolato UF che esce dall’inceneritore, rivela la presenza di metalli pesanti cancerogeni come Cadmio, Cromo, Nichel totalmente assenti nel particolato UF nell’aria entrante nell’impianto; inoltre la contemporanea ingente presenza di cloro contestualmente ad un altrettanto ingente presenza di carbonio in forma imprecisata denuncia la probabile presenza di diossine, furani ed altri composti organici clorurati.Ciò conferma oltre ogni possibile dubbio che gli inceneritori sono macchine capaci di diffondere nell’ambiente sostanze dannose alla salute, tra le quali numerosi cancerogeni, non presenti originariamente nell’aria ambiente, rendendo tali sostanze molto più biodisponibili e capaci di penetrare nei nostri organismi, direttamente o inquinando l’acqua e la catena alimentare.Arbitraria e non fondata su dati oggettivi appare quindi l’affermazione che “non emergono indicazioni di rischi particolari attribuibili alle PU provenienti da combustione dei rifiuti, purché si tratti di impianti in linea con la migliore tecnologia disponibile”. Lo studio in oggetto, semmai, aggiunge alle conoscenze che provengono da studi tossicologici sul particolato UF ulteriori preoccupazioni relative alla pericolosità di quello proveniente specificamente dagli inceneritori, in ragione della composizione chimica sua propria e dei microinquinanti da esso adsorbiti e veicolati.A cura di ISDE  Forlì-Cesena15  Marzo 2011
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