Il "green team" di Obama
Scritto da Redazione   
marted́ 16 dicembre 2008

(saranno rose....?)

http://www.greenreport.it/contenuti/leggi.php?id_cont=17094

Il «green team» annunciato da Barack Obama ha dunque molte caratteristiche peculiari. È un team palesemente schierato nella ricerca di nuove fonti alternative di energia e nella lotta ai cambiamenti climatici. È composto, all’80% da donne. È composto da persone di diversa origine etnica. È, in definitiva, espressione della nuova America di Barack Obama. Sembra davvero ben confezionato per tradurre in pratica l’indicazione di Barack Obama: ribaltare come un guanto la politica energetica e climatica di George W. Bush.

ROMA. Barack Obama ha composto il suo «green team». Ieri il presidente eletto ha annunciato i nomi delle persone che insieme al premio Nobel per la Fisica Steven Chu, 60 anni, prossimo Segretario all’Energia, costituiranno il gruppo che dirigerà la politica energetica e ambientale degli Stati Uniti. Si tratta di quattro persone, tutte donne.

Lisa P. Jackson, 46 anni, andrà a dirigere l’EPA, pal’Agenzia per la protezione dell’ambiente. Lisa P. Jackson è attualmente capo dello staff del governatore del new Jersey. Ma ha una grande esperienza in campo ambientale. Ha lavorato per molti anni alla stessa Epa ed è stata commissario alla Protezione dell’Ambiente del new Jersey. Alcune voci critiche sostengono che tenga troppo in conto le ragioni dell’industria. Sta di fatto che è la prima afro-americana chiamata a dirigere l’Environmental protection agency degli Stati Uniti.

Carol Browner, 53 anni, che è stata invece amministratrice dell’Epa durante gli otto anni della presidenza Clinton, è stata nominata invece capo dei consiglieri che dalla Casa Bianca “faranno” la politica sull’energia e sul clima del presidente Obama. Carol Browner è nota per essersi battuta in passato per affermare politiche di contrasto ai cambiamenti climatici.

Vice di Carol Browner sarà Heather Zichal, 32 anni, che in questi mesi è stata l’assistente di Obama sui problemi ambientali. Lavoro in cui vanta una grande esperienza, visto che era stata assistente per le questioni ecologiche anche di John Kerry nel corso della campagna presidenziale del 2004.

Infine Barack Obama ha annunciato la nomina di Nancy Sutley, 46 anni, alla guida del Consiglio sulla qualità ambientale della Casa Bianca. Nancy Sutley è attualmente delegata del sindaco della città di Los Angeles ai problemi ambientali. È omosessuale dichiarata e militante di movimenti contro la discriminazione dei gay. Nancy Sutley, come Steven Chu, viene dalla California, stato leader nel campo della ricerca delle nuove fonti di energia e delle strategie sia per prevenire sia per adattarsi ai cambiamenti climatici.

Il «green team» annunciato da Barack Obama ha dunque molte caratteristiche peculiari. È un team palesemente schierato nella ricerca di nuove fonti alternative di energia e nella lotta ai cambiamenti climatici. È composto, all’80% da donne. È composto da persone di diversa origine etnica. È, in definitiva, espressione della nuova America di Barack Obama. Sembra davvero ben confezionato per tradurre in pratica l’indicazione di Barack Obama: ribaltare come un guanto la politica energetica e climatica di George W. Bush.
Commenti
se son rose fioriranno...
scritto da msirca, febbraio 01, 2009

http://www.greenreport.it/contenuti/leggi.php?id_cont=17708
Con Obama l´ambientalismo diventa azione di governo, ma la sinistra non se ne accorge
di Alessandro Farulli

LIVORNO. Far fatica da sinistra ad ammettere che Obama è, attualmente, quanto di meglio la politica mondiale offra sul piano del rapporto tra dire (campagna elettorale compresa) e fare (macina una decisione rilevante al giorno), può avere anche le sue motivazioni. In fondo, come ricorda oggi sul Manifesto Rossana Rossanda «Obama non si presenta per quello che non è, ha giurato sulla Costituzione del suo paese, si propone di riportarlo al prestigio perduto senza guerra e rimettendone in vigore i diritti politici, non si professa né comunista, né socialista, né socialdemocratico, parole che negli Stati Uniti non hanno gran senso».

Che siano gli Usa causa e cura del male della crisi - entrambe intestine al modello economico-capitalistico che resta imperante - può dunque essere effettivamente difficile da digerire da chi quel modello lo ha sempre combattuto. Ma così è. E’ un fatto. Dice infatti, sempre Rossanda in questo articolo di risposta all’Obama-scettico Tronti: «Una sola cosa promette (il presidente Usa, ndr): di cambiare la linea di politica interna ed estera di Gorge W. Bush». Hai detto cotica! direbbe l’uomo della strada, e anche Rossanda sul punto non nega l’evidenza. Ma nella sua lucida e condivisibile analisi sul cosa può fare Obama (“fine della guerra in Medio Oriente”), cosa ci dobbiamo aspettare (“rivoluzione simbolica”) e quello che invece dovrebbe fare (“il passaggio a un capitalismo meno guerrafondaio, più somigliante al ‘compromesso socialdemocratico’, non basta), c’è un buco. Un buco grande.

Il new green deal del neoinquilino della casa Bianca non è qualcosa a lato di un programma elettorale, come spesso lo sono le questioni ambientali specialmente nel nostro Paese. No, il new green deal è il cuore pulsante del programma.
Per dirlo fuori dai denti, quello che in Europa è solo cultura buona per scriverci un libro o per animare qualche dibattito (purtroppo), lì è azione di governo.

La riconversione ecologica dell’economia – ovvero l’economia ecologica che è la prima grande gamba della sostenibilità (l’altra è la biologia della conservazione) – in Europa è appunto cultura, negli Usa sta per diventare realtà. Efficienza energetica, auto ecologiche, rinnovabili, rottamazione del petrolio sono un cambio di prospettiva di cui non si può tacere anche se non si è ecologisti, perché qui l’ambientalismo classico non c’entra quasi niente.

Anzi, non è forse un caso se pure i Verdi nostrani non rivendicano o esaltino quanto sarebbe lecito aspettarsi le politiche di Obama: questo accade perché da noi la cultura dell’economia ecologica come programma politico non esiste. Siamo ancora all’ambientalismo della conservazione, non della trasformazione. Sinistra e Verdi sono ancorati ad un concetto di salvaguardia ambientale che non può essere nel 2009. Lo hanno capito persino a destra (vedi alcune scelte di Sarkozy).

L’ulteriore nodo è che neppure l’Ue è così avanti quanto gli Usa, avendo prodotto – non che sia poco, anzi – direttive, come ad esempio quella delle tre 20, che è sì importante ma che resta un’operazione incentrata sulla mitigazione del danno. Fino a oggi è stata l´Europa il faro delle politiche ambientali (intese come salvaguardia) mentre ora appunto rischia (ed è un bene) di essere sorpassata dagli Usa. La sostenibilità, infatti, è un’altra cosa. La sostenibilità ambientale e sociale - modello a cui Obama aspira - è il massimo della modernità, che invece in Europa, e in Italia soprattutto, non si coglie neppure come semplicemente un fatto nuovo.

Ci troviamo dunque in una situazione nella quale dopo che il capitalismo ha dettato legge per cinquant’anni proponendo un modello economico dissipatore di energia e di materia che ci ha portato al collasso ecologico attuale, nel mezzo della crisi più grande dopo quelle del ’29, nessuno da sinistra è stato in grado di gettarsi a piè pari in questa che è un’occasione irripetibile. Così siamo al paradosso (ma lo è davvero?) che alla fine la miglior riposta sta arrivando dal cuore del presidente del paese più capitalista del mondo… E anche questo è un fatto.



busy